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domenica 29 maggio 2011

Ouverture - I Primi Passi Del Poeta Santoro

La Famiglia Santoro - Gianfranco il piu' piccolo




L'attività creativa di Gian Franco Santoro, pur avendo molteplici aspetti, diramazioni,spunti ed ispirazioni,è necessariamente legata al primo germe di comporre che iniziò a circa dodici anni :
Lo scrivere poesie fu la prima ,modesta,umile ma impegnativa attività che lo vide coinvolto e che diede alcuni frutti abbastanza validi.
Però,insieme a questa dedizione poetica fu presente ,da subito, nell’atteggiamento creativo che si andava sviluppando una dimensione critica altrettanto forte che lo salvaguardava dai rischi di componimenti così presenti nei ragazzi della medesima età e formazione.
Ad esempio era tipico allora,a metà degli anni cinquanta,.
che chi volesse comporre si atteggiasse o meglio si adagiasse su versi poetici che orecchiavano un pò di Pascoli, Carducci, un più raro D’Annunzio
I versi che ne sortivano erano di questo tipo:Di
-cara mamma immacolata guardo la tua faccia immacolata
e mentre fuori le rose spandono profumo, io accanto a te di amore mi consumo.
ed era tutto un inseguirsi di cuore, amore, fiore, ardore, etc.
ed era bastevole per un ragazzo che tornasse "la rima" con quel tanto di patetico e di accorato perché si sentisse soddisfatto dei primi parti poetici.
Per Gian Frano SANTORO, per motivi neanche a lui del tutto chiari, nacque da subito un atteggiamento critico molto severo, che rifuggiva da facili soluzioni, che ricreava non solo frasi poetiche più adulte ma anche concetti più maturi e meditati.
Per questo ,pur avendo una vena poetica ricca ed ispirata si sviluppò subito un atteggiamento critico severo e fortemente selettivo che rischiò di inaridire per sempre questa dimensione ispirativa e far morire da subito il giovine poeta.
Ma qualcosa di più solido evidentemente lo sosteneva ; perché,mentre distruggeva con impietosa crudezza, tutti i versi che non lo convincevano, si andava delineando come un sentiero degno di essere percorso, che eliminava i primi tranelli poetici, le prime facili conclusioni.
In Gianfranco Santoro nasceva una urgenza ,abbastanza frequente, del comporre e del poetizzare e nello stesso tempo ,non avendo persone cui riferirsi, una preoccupazione che distruggendo troppo restava ben poco dei parti poetici di quei lontani anni.
Ma la decisione di non far conoscere i proprio versi a nessuno della famiglia,ad amici, a professori di liceo che lo stimavano fu radicale fino ai sedici ,diciassette anni e fu in grado di leggere e far leggere qualcosa di valido solo a maturità classica conseguita, suscitando grande stupore in persone che lo conoscevano, che ne apprezzavano il carattere riflessivo ma che nello stesso tempo non si aspettavano che quel ragazzo riccioluto, grassottello, molto imbranato nei movimenti atletici dei suoi coetanei nascondesse dentro di sé una vena riflessiva già così originale e composita.
per passare da una indicazione teorica a qualcosa di più concreto. rammentiamo due componimenti poetici di quel tempo che ebbero un destino singolare.
Il primo componimento che nacque senza titolo ,perché per molti anni Santoro diede alla proprie poesie come titolo il primo verso
era così strutturato
Ignoravano che il bianco
nasconde un opaco colore
che il cerchio si spezza improvviso
nell'ultimo caldo tremore.
soltanto la pena intasata di essere vivi
ci scuote al sussulto sorpreso del mare.”

Qui il rischio del comporre
Era davvero alto perché un paragone tra i colori della vita ed il significato della vita stessa non era tanto di consueto come si potrebbe pensare;inoltre c'era una seconda trappola da sabbia mobile che era quello di suscitare nel lettore una certa monotonia per l'uniformità della ispirazione legata al senso dei colori
Questi versi caddero…si può usare proprio questo termine nelle mani del padre del giovane Gianfranco,perché il quaderno dove erano salvate alcune poesie
finì nella mani del padre  ed un fratello che ,invidioso ed accidioso, senza voler fare alcun male speciale , cominciò a leggere a voce alta ,quasi urlata per la casa, questa breve poesia ed in ogni stanza che entrava c'era qualcuno della famiglia che lo ascoltava distratto finché arrivato nello studio del padre questi lo fermò , gli mollò un ceffone e lesse con calma ed a voce bassa ciò che prima era stato urlato
Così ,con tono sommesso, il padre Federico, si impossessò della ritmica di quei poveri versi, gli fece propri, gli ripensò finche è a sera, tornando Gianfranco da fuori casa, lo chiamò a sé e gli chiese, con molta umiltà, il senso di quel periodare ...
non ci fu panico,timidezza o ritrosia in Gianfranco, ma il desiderio di essere degno delle domande del padre, di renderlo partecipe del suo lavoro di poeta, di onorarsi ad una dignità umana ed espressiva molto corretta e coraggiosa.
Gianfranco stesso racconta, in alte occasioni, che se avesse ritrovato nel padre un atteggiamento di ironia, disprezzo o diniego verso il figlio forse veramente tutto questo avrebbe segnato la fine del suo comporre , ma l’essere preso sul serio, il giustificare ogni singola parola con ciò che era stato meditato, sofferto e poi deciso diede al giovane poeta la consapevolezza che qualcosa di valido era nato e che forse poteva rischiare e di proseguire su quell' impervio sentiero.
Nello stesso quaderno, a distanza di poche pagine il lettore occasionale che aveva ricevuto e custodito per caso tutte le composizioni salvate si imbatté in una nuova poesia che Gianfranco aveva scritto in un momento di assoluta tetraggine verso la vita e che aveva dato al vivere un modo di riflettere tanto originale, audace, quanto rischioso.
In tante poesie che aveva letto si dava la vita come un progredire verso la conclusione , dove tutto era buoi e senza significato.. un qualche poeta (ad esempio Montale) parlava di un muro,al cui culmine c'erano pezzi di vetro acuminati come senso di una trapasso non solo inconcludente ,ma anche doloroso, e Gianfranco vuole spezzare questa immagine conclusiva dell'esistere  con una figurazione che poteva risultare incomprensibile se non inserita in questa raccolta di poesie di altri autori allora importanti...per cui scrisse :

Appeso ai bordi opposti del muro
 io ed io senza peso
 lego un braccio ad una polso sospeso
 e nel baratro che infinito si sprofonda
si configura un lume di sostegno 
  fino a che polso,braccia siano forti della misura di coraggio
che la vita richiede per postura.”

Questa forse era la poesia più difficile che il poeta aveva scritto e nello stesso tempo sentiva dentro di sè come un ritegno a spiegarla, come un impoverire quanto aveva composto, banalizzarlo. Per questo ,nel dialogo che nacque con il padre, si permise un fare scherzoso e quasi infantile per celare
il senso di una acquisizione filosofica che a stento poteva essere compresa
in una contesto così insolito e che presupponeva la lettura di tanti versi e di tanti autori oltre che di Montale.
Ma il padre non volle stare al gioco , si alzò dalla sua poltrona ed andò a prendere il libro OSSI DI SEPPIA che era inserito nella biblioteca insieme agli  libri e lesse il verso che faceva da specchio a questa riflessione metafisica del figlio. Il Bluff era svanito e Gianfranco poté sedersi vicino al padre e tentare di spiegare il grumo di dolore, di sofferenza che si portava dentro e la paura che al fondo del lungo sentiero percorso per vivere , ci fosse solo un muro a strapiombo che lasciava una unica risorsa...di salvarsi aggrappandosi ad un altro se stesso
oscillante dalla parte opposto del muro.
Il padre si rese conto della serietà della ferita che il figlio portava dentro e non volle banalizzare né rendere superficiale ciò
che con tanta speculazione era stato acquisito... avvicinò il figlio al proprio petto e lo abbracciò commosso, come un battesimo di poesia e dignità esistenziale ritrovata.
ma nella produzione poetica di Gianfranco Santoro si avvertiva un vuoto, non dovuto a scelta espressiva dell'autore, ma ad una sorta di rimozione inconsapevole che si colmò qualche anno dopo l'inizio del poetare ,  con una poesia intitolata  PROFILO :

che dolce carattere strano,
se allontanassi la pena
dai tuoi spauriti  pensieri
potrei ricordarti che ieri
anche io ero ancora vuota,
in attesa di boschi sommersi
e di sentieri di pietra

Le tue fattezze marine ....

ecco che improvviso irrompe l'eterno femmineo con cui Gian Franco si riconcilia ,per una esperienza affettiva che al momento sembra densa di significati profondi e persino esaltanti, ma che alla lunga arriverà ad un impietoso naufragio.
Qui però occorre sottolineare che questa apertura verso la donna , sia in senso spirituale  ed amoroso, sia in senso prettamente erotico non aveva nulla di
artificiale .
Infatti versi scaturivano con una fluidità convinta ed inarrestabile. Riportiamo solo altri due esempi che sono tutti inseriti in poesie del primo volume pubblicato dal nostro autore "TEMPO SOSPESO".
Dalla poesia TENEREZZA rammentiamo l'inizio e la chiusa :

TENEREZZA E'  IL DOCILE AFFANNO
CHE INCRESPA LA MANO,
CALDA CAREZZA SUL SENO.....

COMUNQUE SI SPENGA  IL FURORE,O VIOLENTO
CI SCUOTE UNA SETe IMPROVVISA....
CI  PIEGA UN GRATO TORMENTO.

Qui il riflesso erotico, il futuro violento ,la sete improvvisa sono tutti connotati di un temperamento caldo, focoso che non teme di esprimersi  con le parole più appropriate a significare la temperatura in ebollizione che avvince i due corpi degli amanti lasciandoli ,a rapporto  concluso, in un grato tormento.
Qui l'andamento erotico non ha timore di rivelare  tutta la sua carica eversiva  ed anche la ricerca affannosa dei corpi viene testimoniata come " un grato tormento."
Niente di eclatante o particolarmente originale ;però il poeta vuole assolutamente testimoniare che un atto di amore completo non può essere solo parole dolci e ammantate di pudore, ma deve sapersi liberare in una dimensione fisica da esprimere con forza e senza pruderie inutili.
Mentre nella poesia  SUICIDIO dedicata a Gabriella ,oltre al divenire fisico dell'amore ,il poeta scopre la forza di un disegno di depressione e sconfitta ,impossibilitato ad essere corretto e sostenuto anche da una amicizia profonda e approfondita da anni di frequentazione :

Vederti librare ,  morendo
in un volo escoriato ,
frastornata dal brusio della gente
che dice "era una ragazza un pò strana" ...
a volte era infelice"
"si tratterà di un amore sbagliato"

E dopo aver riportato i commenti delle persone, come cicaleccio da vecchie comari, privo di pietà e di comprensione il poeta che sa ,  chiude con una invettiva durissima verso il mondo esterno,incapace di trovare parole di sollecitudine anche nelle ambascie più devastanti :

E dopo giorni di ascolto feroce
scoprire  che tu solamente
non ridi
cadavere chiuso

Gabriella era una ragazza,per certi versi solare e battagliera, che faceva parte della comunità dei ragazzi e ragazze della parrocchia, abituati    a frequentarsi assiduamente e con grande afflato spirituale. Ma era inevitabile che da tanta frequentazione nascessero sentimenti di amore più o meno forti e controllati. Purtroppo il suo cuore si legò al Parroco della Parrocchia che frequentava e fu tormentato da una tempesta oscillante tra un futuro sempre incerto ed un presente gratificato da mani che si stringevano,  occhi che si perdevano nell'infinito del tramonto, e l'illusione che il prete avesse il coraggio di vivere il proprio amore alla luce del sole. In realtà un timore reverenziale verso LA CHIESA lo bloccava a scapito di  qualsiasi apertura diversa dalla sua dimensione ecclesiale.
Alla vigilia di Natale i ragazzi partirono in gruppo verso il rifugio di montagna che ogni anno li accoglieva  per festeggiare il nuovo anno. Gabriella ,con una scusa di malessere fisico che la infastidiva, annunciò che quell'anno sarebbe rimasta a casa per riposarsi e riprendersi dalle sue carenze fisiche. I ragazzi erano ignari di questo sentimento ,che era nato come una timida confidenza amorosa ,quasi infantile, e  che diveniva luce negli occhi 
della ragazza e desiderio di comunicarlo per spezzare l'isolamento in cui si era rinchiusa . 
Ma forse nella vita di ciascuno di noi c'è un momento di libertà, in cui si riacquista la padronanza di sè e del proprio essere ed un momento di sconfitta in cui tutto il combattere, aggrapparsi a singole  speranze, a tentativi di affermazione fisica del proprio amore al cospetto del mondo intero ,viene meno e le forze cedono e l'equilibrio del proprio divenire salta in modo irreparabile ,  infierendo su quell’anima così sensibile tutto il peso di una perdita di speranza per il futuro e consapevolezza di avere di fronte un orizzonte divenuto plumbeo ed irrespirabile .
Mentre si festeggiava, nel rifugio, l'arrivo del nuovo anno giunse la notizia che la ragazza era sparita da alcuni giorni. I  compagni si precipitarono in città per dare un contributo di ricerca e di speranza.
Ma ormai era troppo tardi:il temperamento innamorato di Gabriella si era infranto,in modo irreparabile e definitivo, sopra gli scogli del mar ligure. 
Mai sacrificio del proprio essere fu più degno di misericordia  affidato alle braccia del padre , a consolare una creatura che aveva sofferto oltre ogni limite per la propria scelta di vita creduta benigna e che si era rivelata così fallace.

Erano i temi dell'amore, dell'eros, della sofferenza estrema che il poeta scopriva nel primo volume pubblicato e che lasciava alla testimonianza di quanti avrebbero letto quei versi così partecipi ed inadeguati a ritrarre una sconfitta tanto dolorosa quanto inspiegabile. 






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