Noi
che siamo stati consumati
dal gravame
di far esplodere alla luce
i nostri figli ,
di partorirli da viscere infuocate,
dal nostro sangue ,pelle e cuore
dai grimaldelli forgiati
per liberare un intelletto appena abbozzato .
Noi
che fummo i padri dolenti
di ogni essere affacciato all’esistenza del sapere,
di cui seguimmo i primi passi zoppicanti ,
i primi sassi gettati nei putridi stagni
dei corrotti, luridi tiranni
che hanno tentato
-rotti ad ogni sortilegio-
di asservire le loro menti,
noi che li abbiamo calati ,con bastoni e funi,
nelle ripide correnti di tumultuosi fiumi,
per scardinare i gioghi del potere .
Noi
annichiliti e sconfitti
incasellati nella parodia dei guitti,
dei ciarlatani, dei pesi morti della società ;
anche se fummo i primi ad accostarli
all’ epica triade di Tolstoi,
ai sorrisi ed alla dolente cadenza di AMADE’ .
ad ogni taglio furente di luci
di Michelangiolo Merisi, detto il Caravaggio,
al suono di un riflesso strutturato
come una compatta architettura
di Platone, l’uomo palestrato ,
al volto ovale, tridimensionale,
di Pablo il catalano ,
all’arsura del suolo che si perde
in una ripido fiume incasellato,
presi da ammirazione
per la geniale intuizione di WRIGHT ,
l ‘ architetto che ha vissuto
in una perenne, indistruttibile utopia.
Questi erano il patto, la tensione , il sogno
di quanti ci hanno preceduto :
di partorire testimoni ,
lanciati con l’ impronta della mano
verso l’infinito,
capaci di svuotare gli strumenti
di bruttura del creato,
contro la tracotanza e la violenza,
contro ogni sopruso quotidiano .
Da oggi, da quando mi ha dilaniato
la notizia del tuo decesso,
dentro di me si è spento
anche il senso di ogni singolo respiro ;
si è persa l’impellenza di una umile obbedienza ,
l’urgenza dell’assenso ai nostri padri,
si è spezzato il vigore di un maestro annichilito
dal tradimento di un patto tracimato,
all’amico deluso, sull’orlo del trapasso:
perché ogni provvido sentiero di saggezza
profumato e rinverdito è ormai bruciato ,
è scomparsa la luce che nutriva
di un rigoglìo perenne la solenne distesa forestale,
e florida si spandeva con il suo ritmo pacato .
Ogni canto che fu forgiato
in coinvolgente ispirazione,
in atavica armonia
ora si affanna nel canglore
di una inutile bestemmia
che si tace , contro ogni falsità balucinante .
Ma ciò che tu vivi e sei adesso
oltre il confine invalicabile ,immutabile,
tra le braccia di un Padre di misericordia,
che da sempre ti aveva pensato ed amato,
è ,io credo, il senso di un rimpianto
per le tue figlie a te accosto
e tra di noi smarrite.
Perché è divenuto risibile
ciò che ormai sarà ai tuoi occhi
il senso profanato
del giusto e dell’ ingiusto,
il rammarico quasi blasfemo evidenziato,
la traccia di un cuore provato, malato
che è stato il solco di una vita esemplare,
del nostro osceno, quotidiano divenire
tra tanta dolorosa occlusione
di un sentimento lacerante ,
eppure strutturato
con una confusione inenarrabile ,
come la pietra di inciampo e di perdono.
Firenze , 3 dic. 2011
Confesso che ogni tanto rileggo la poesia che ho
dedicato a Giovanni Bazzini, e che chiude in epilogo il mio libro EU ANGHELON
.Mi prende una sorta di accoramento, di struggimento perchè non sono e non potrò
essere mai un Leopardi o un Goethe o qualcuno del loro livello .
Avrei voluto che le mie parole in versi rendessero
giustizia ad una persona che ha avuto un così grande significato nella mia vita
; per cui ho deciso che la prima presentazione che farò del mio libro in
terra di Toscana sarà dedicata alla sua memoria ,anche se per il momento-come mi
è successo spesso- trovo solo porte chiuse e sbarrate .
Tornando alla poesia non so se una sincerità di
intenti, un ' autentica partecipazione emotiva alla sua esistenza ed al suo
decesso siano bastati a rendere bello ed importante questo componimento .
Giovanni era un mio lettore attento, partecipe ma anche severo e non mi ha mai
concesso un porto franco in cui le mie parole avessero semplice diritto di
cittadinanza ,senza una osservazione pertinente ed un suggerimento critico
pertinente .
Rammento che gli feci leggere gli abbozzi di un
racconto che rimane tra i più difficili e misteriosi della mia produzione ,
ispirato ad un fatto vero : immaginai la vita di una ballerina del TEATRO
DELL'OPERA di Roma che si conclude, grazie ad una vocazione autentica, in un
monastero di clausura.
Non sapevo bene come finire il racconto e sentivo
che la sua precedente esperienza professionale non andasse nè perduta nè
sprecata .Inventai un finale scherzoso tra me e la ballerina che ,poco prima del
suo ritiro in convento, mi incontrava per strada quasi per caso, e mi salutava
non con parole ma con una piroetta leggera , lanciandosi in aria, e
recuperando un gesto di grande umiltà.
Giovanni mi rimproverò dicendo che era un peccato
fconcludere un racconto così ben riuscito, con un finale debole e mi convinse a
cambiarne la parte conclusiva .
Per questa ragione oggi penso che se avesse potuto
leggere e consigliarmi avrebbe avuto suggerimenti di grande sensibilità ed
acutezza .
Mi chiedo se la nota dolente della poesia ,( in cui
dichiaro che è stato tradito un patto esistenziale di vita e di impegno sociale
e civile ) ,sia stato un discorso troppo astratto ed incomprensibile e che forse
avrei dovuto risolverla con parole più semplici e meno esigenti.
GIOVANNI nel ruolo di TOLOMEO per CESARE E CLEOPATRA |
GIOVANNI nel ruolo del GIORNALISTA per LA BROCCA SCIOCCA |
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