EQUITAZIONE
Per
Giovanni, che troppo poco ha vissuto
ed
è deceduto, per un cuore cattivo,
nel
fiore degli anni.
Mentre
dagli spalti del maneggio
aspetto
la tua sortita in pista
– per
una temeraria scelta da cui mi aspetto il peggio,
e
una enorme cifra da sborsare –
alla
prima improvvida iniziazione,
ad
una anomala lezione di equitazione.
Da
tempo era sognata
e
malaccortamente coltivata,
ignorando
che avresti montato una baia litipizziana
che
cavalcherà per te a vista, con passo ritmato,
nell’aria
un po’ rancida e maleodorante della sera,
con
una serie solenne e piana
di
una elegante figurazione,
al
suono di banali marcette militari
espanse
da ben piazzati diffusori.
Presto,
sulla soglia ombrosa dell’androne,
si
staglia la tua virile figura
assisa
sulla sella di una sontuosa cavalla,
che
tu e l’istruttore avete fatto uscire
asciutta
e rifinita, da una stalla,
ed
ella subito incede con una cadenza risaputa.
Ma
nell’apoteosi luminosa
di
tanta armonia, di una eleganza
che
si stende in una linea nobile
e
di certo affascinante,
anche
l’istruttore, con misurati incitamenti
ti
ammira, – ché con ironia lo riguardi
consapevole
di limiti ancestrali –
e
dà istruzioni per una postura
appropriata,
più elegante.
Ma
il tuo collo taurino,
la
tua fronte eretta e il tuo spavaldo sorriso
mi
dicono che oggi,
oltre
all’enorme gruzzolo che ho speso,
niente
andrà sprecato,
ché
alla fine della tua primigenia,
unica
lezione il tuo saluto al costante destriero
sarà
come una cesura,
che
insieme per proteggerci
delicatamente
ci avvolgerà.
L’arditezza
di ciò che si è vissuto
in
questa improponibile, stravagante atmosfera,
è
stata la tangibile memoria
che,
da secoli lontani,
ci
ha catapultati sulla soglia
di
una eternità da te ormai sperimentata.
Lungo
i pascoli del cielo
– se
da te c’è uno spiraglio di ironia
e
un mio pensiero ti può lambire –
forse
tornerai a scorazzare
con
una celeste cavalcatura,
ché
già vedo una scia luminosa
che
attraversa il firmamento
nel
lento divenire della sera.
Firenze,
marzo 2013
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