APPENNINO del GIAMBOLOGNA presso VILLA DEMIDOFF |
PREFAZIONE
Credo che
sia abbastanza insolito, per un vecchio ripetitore di inglese della
Università di Firenze Facoltà di LETTERE, che ha poi vissuto tutta
la propria esistenza ad Oxford, leggere e meditare gli scritti
dell’amico GIAN FRANCO SANTORO che mi ha sollecitato in questo
senso. Vivere a Firenze, nella zona di Oltrarno, a metà degli anni
ottanta non è stato facile perchè ho dovuto confrontarmi con il
carattere a volte duro e brusco dei fiorentini. Tuttavia in questa
situazione difficile rammento questo signore, vestito in modo
informale, dal carattere gioioso che mi avvicinò perchè voleva
scrivere una commedia dedicata al nostro drammaturgo inglese
SHAKESPEARE: l’idea era valida ma dopo vari infruttuosi
tentativi, naufragò su limiti invalicabili ché l’amico GIAN
FRANCO non era padrone della lingua inglese e molte vicende
tipicamente londinesi erano di difficile acquisizione ed elaborazione
per un testo teatrale innovativo. Inoltre
avrebbe voluto trarre ispirazione anche dalle lezioni di inglese
dell’autore del “Gattopardo,, , Tomasi di Lampedusa. Queste
lezioni anzichè agevolare gli crearono altri problemi che qui
sarebbe troppo lungo elencare.
Comunque rimase tra di noi una buona
frequentazione, ed ebbi occasione di leggere in svariati anni
testi poetici, scritti teatrali e racconti fino a quando nel 2011
ricevetti, come dono inaspettato dell’autore, un romanzo che è
arrivato al coronamento di una esperienza esistenziale coerente e
appassionata: “Saremo terra, ma terra innamorata„ per i tipi
della casa editrice ALBATROS /IL FILO. Quindi, a seguire l’anno
succcessivo “Euanghelon,, , sette scene teatrali satiriche
dedicate ai Vangeli. Immaginate
il mio stupore quando a Natale del 2012 ci incontrammo, anzi in
modo più preciso andammo a sbattere l’uno contro l’altro in una
fermata della metropolitana di Londra e, dopo la prima sorpresa, ci
abbracciammo contenti di quell’inaspettato incontro. GIAN FRANCO
non perse tempo a chiedermi subito una prefazione, per un libro di
prossima pubblicazione e che ora state leggendo. Tentai di resistere
anche perchè non so quanto il mio italiano sia rimasto corretto,
per cui posi come unica condizione che l’autore stesso avrebbe
rivisto il mio dattiloscritto.
Dunque, per
questa ultima opera dal titolo “ Le parole si sono frantumate in
rivoli diVersi „ SANTORO ha deciso di diversificarla in tre
sezioni: la prima dedicata alla poesia, con circa trenta testi
composti negli anni 2010-2013; quindi viene il corpus più
sostanzioso del libro con la raccolta di alcuni testi teatrali. Tre
racconti, tra cui “Heilighe nacth“ che qui viene pubblicato per
la prima volta. Le poesie si
possono dividere in due gruppi per cui ci sono quelle per il Palio di
Siena ed i Fochi di San Giovanni o per il fratello Renato, in
occasione della festa dei suoi settanta anni, o anche “Compagni di
cordata„ che apre la sezione poesia ed è ispirata alla vicenda
umana dolorosa di un amico colpito dal tumore. Il corpo centrale di
questa sezione si riferisce ad una esperienza affettiva importante in
cui, il ripetersi di sentimenti , eventi ed occasioni poetiche, se
non variate da una sensibilità accorta, avrebbero potuto innescare
una sorta di monotonia qui riscattata da una illuminazione sempre
avvertita e vigile.
I I versi spesso si distendono in concetti più
dispiegati ma in poche occasioni assumono quasi l’impatto di una
ispirazione mutevole ed una specie di proverbio esistenziale ,
riscoperto e valorizzato. Per quanto concerne il
teatro qui viene pubblicato per la prima volta “Il pentagramma di
Mozart: Amadè il Corno Inglese„ prima parte in cui il genio di
Salisburgo, avendo appena quattordici anni, visita con il padre
Leopold la città di Firenze. Quindi segue un monologo, che si
immagina elaborato da una sarta del Teatro Comunale di Firenze che
sta per andare in pensione, intitolato “Sospensori e crinoline
„ ; infine “last but not last„ una commedia, molto divertente,
in una lingua rielaborata per gli spettatori odierni e che è uno
specchio di un momento sociale tra la gente senese a nome della
Accademia degli “Itronati„ e che si intitola “Gli Ingannati“
. Confesso che non conoscevo questo bellissimo testo degno della
penna di un giovane Ser Willy che SANTORO ha rielaborato e che non è
riuscito a far rappresentare.
Quindi abbiamo tre racconti :
“Clarence“ , “La nicchia malata“ , “Heilighe nacth“.
Finisco queste brevi note con l’augurio che l’autore ci possa
dare altri contributi della sua poliedrica fantasia anche perchè si
immagina che, all’unico romanzo sino ad oggi pubblicato, possano
seguire altre felici narrazioni.
OXFORD 2
GIUGNO 2013
Thomas
Gerard th. Beessam
INTRODUZIONE
ALLE POESIE
Sulla
soglia di un possibile saluto l’autore intende congedarsi con
poesie composte negli anni 2011-2013, e ritiene doveroso, per
un’elementare senso di riconoscenza, dedicare il corpo più
sostanzioso di questi componimenti a S. , la persona che gli è
stata più vicina e che è riuscita a dargli come una seconda
giovinezza creativa.
Si
tratta di poesie, con una profonda nota di appagamento, spezzata da
una vicenda famigliare tormentata e che, riguardando persone e
situazioni molto intime, qui vengono soltanto accennate. Infatti come
dice Shakespeare “ l’amore che non osa dire il suo nome” ancora
nell’anno del Signore 2013 porta dentro di sé una carica
dirompente talmente forte che la perdita del riserbo potrebbe
addirittura comportare lutti tragici come nell’antica Grecia, da
parte di persone che vedono in questo fenomeno una sconvolgente
testimonianza da rifiutare in toto e per sempre. Si tratta di versi
in parte nati dalle più svariate occasioni: dal Palio di Siena ai
fiorentini fochi di San Giovanni. E poiché il poeta non deve
rinchiudersi in una torre d’avorio come non meditare in modo
davvero angosciante la perdita d’innocenza di una città tanto
amata, che quattro sciagurati hanno dissolto per sempre? Per
Gianfranco Santoro Siena era ed è la città natia in cui rifugiarsi
al bisogno di serenità e di limpidezza. Scoprire che l’opera
nefanda di pochissimi suoi amministratori ha dissolto per sempre
sette secoli di limpida e trasparente amministrazione, ha innescato
nell’autore un forte contrappunto dialettico. Da un lato l’altezza
della poesia che riguarda la festa più bella del mondo e dall’altro
lo squallore non rimediabile in un contesto finanziario-economico
degno delle speculazioni più avventate e punitive per tutta la città
nel mondo. E per il poeta, il teatrante, il romanziere Gianfranco
Santoro si è risolto un rapporto con la città di Firenze in modo
negativo per rifiuti e preconcetti istituzionali che si è riusciti
quasi mai a cancellare e che oggi si riassumono nei fochi del giorno
di San Giovanni. E pare che una nota comune renda omogenee queste
ispirazioni apparentemente frammentarie per la testimonianza di una
stagione poetica che potrebbe essere quella conclusiva. Tuttavia non
ponendo alcun limite alla provvidenza, se gli verrà lasciato un
margine di tempo ragionevole, nulla esclude che ultimi scampoli di
ispirazione poetica possano essere ancora recuperati.
Ma
da queste pagine si avverte che con queste circa trenta composizioni
stampate, il nucleo centrale del suo mondo poetico è stato risolto e
presentato.
Una
novità che è bene sottolineare è che Santoro, al terzo volume di
poesie con la casa editrice “Albatros/Il Filo” e alla conclusiva
esperienza poetica ha trovato un modo di comporre più disteso e
lineare. Ha trovato in fondo il centro di una riconoscenza solare
verso la vita che gli ha permesso versi più appaganti.
Inizia
questa parte poetica una poesia dedicata all’amico Giovanni, il cui
titolo è “Equitazione”: testimonianza per una persona scomparsa
prematuramente a metà del suo percorso esistenziale e che troppo
presto ci ha lasciati.
Ma
evitando di dare a questa raccolta poetica un valore negativo, il
rimando a versi luminosi, librati nell’aria e nel mare, sono il
suggello di un possibile, abbagliante congedo.
Firenze
5 Giugno 2013
INTRODUZIONE AL TEATRO
“Gli
ingannati” dell’Accademia degli “Intronati”
Chi
scrive, essendo nato a Siena da famiglia calabrese, ed essendo
residente a Firenze da oltre vent’anni, ha tentato quello che in
gergo circense si chiamerebbe triplo salto mortale senza rete:
indossando i costumi di un trapezista, mi sono barcamenato tra i due
Assessorati alla Cultura di Firenze e di Siena, per far nascere una
possibile collaborazione tra le due istituzioni.
Come
previsto nessuna soluzione operativa è riuscita, perché lo sponsor,
che avrebbe dovuto essere il Monte dei Paschi di Siena, aveva cose
più importanti da disbrigare, quali quelle di buttare al vento
milioni di euro e di compromettere la vita stessa dell’Istituto di
credito e della città di Siena.
Per cui
l’allora Assessore alla Cultura, che per carità di patria non
nomino, mi consigliò di rivolgermi a qualche istituzione fiorentina.
Stessa sorte e stessi dinieghi per cui è rimasto solo il testo di
seguito pubblicato. Lo stesso mi ha impegnato, in una nuova stesura,
per circa dieci mesi. Sottolineo il fatto che sarebbe stata una
chicca molto stimolante ed una operazione assolutamente vincente,
perché “Gli Ingannati” dell' Accademia degli Intronati,non è
stato più rappresentato dalla fine del Seicento. Alcune giornate di
studio di università toscane non hanno migliorato le difficoltà
fondamentali per rappresentare questo testo.
In
sostanza mi sono trovato di fronte ad un opera teatrale della durata
di oltre cinque ore, con ventidue personaggi.
La cosa è
comprensibile perché “Gli Intronati”(che nel nostro gergo si
traduce: coloro che erano assisi in trono),si dilettavano di mettere
in scena
alcuni testi teatrali rielaborati da precedenti esperienze
letterarie, quali il teatro comico greco dell’antichità, il teatro
romano ed il teatro shakesperiano.
Infatti,
sprovvisti di cinema, di televisione e di internet, i senesi del
seicento si prodigavano in una completa dedizione al teatro con cui
vivevano serate molto divertenti, intervallate da abbondanti
libagioni e da scherzi quasi goliardici.
Da qui la
durata quasi wagneriana, di oltre sei ore, per ammazzare il tempo e
caratterizzare intere serate. Ma l’apporto più interessante degli
accademici è stato la invenzione di una lingua “senese” potente,
incisiva e di grande valenza teatrale. Questa che sembra nata nel
momento stesso in cui gli attori si rivolgono ad un pubblico non
pagante,composto di amici, conoscenti e immancabili parenti.
Per cui il
mio compito è stato quello di sfoltire le numerose maschere degli
attori assestandomi su una decina di personaggi. Ho ridotto il più
possibile la durata suindicata, senza snaturare il testo stesso ed ho
portato il tutto a poco più di due ore.
Nonostante
la fatica “tecnica” di elaborazione letteraria ed un impegno
costante mirato a soddisfare gli occhi e le orecchie di spettatori
contemporanei, debbo confessare che mi sono molto divertito, e che ho
il solo rammarico di non essere riuscito a rappresentare come neo
autore e regista:“GLI INGANNATI”.
Firenze 24
Giugno 2011/2013 (Festa del Patrono di Firenze San Giovanni)
INTRODUZIONE AI RACCONTI
DALLA
FORESTA NERA ALLA REDENZIONE
Si
trattava di affrontare ore di viaggio, che implicavano anche
attraversamenti di cittadine, importanti città ,fiumi ,laghi . Il
tutto può apparire anche affascinante a determinate condizioni : la
nostra famiglia , composta da quattro persone, era guidata dal capo
famiglia (che sta elaborando queste brevi memorie ),mia moglie ed i
nostri due maschi : Davide ed Emanuele.
Mia
moglie ,che era un'appassionata di campeggi alpini, di visite alle
città d'arte , di roulotte et similia mi aveva convinto a fare un
viaggio insolito: partire dalla Liguria ,con una macchina in buone
condizioni ed una roulotte attrezzata e con una rifornita cambusa.
L'idea
era quella di attraversare l'Europa allora percorribile: passando
attraverso alcuni passi alpini svizzeri . saremmo scesi in Austria
per toccare la nazione più distante del viaggio ,il Belgio,
attraverso la Germania.
Non
desidero, perchè non è il momento nè la sede adatta, elaborare un
riassunto di viaggio.Quello che voglio rammentare è che i figli, di
età di sei ed otto anni,ci posero l'urgenza di risolvere un problema
che avevamo sottovalutato. Pur dimostrando una notevole capacità di
adattamento e dormendo per diverse ore durante il giorno,dopo i primi
due giorni ci fecero capire ,in modo lecito ed anche nervoso,che ore
ed ore di viaggio, non erano per loro l'occasione più divertente ed
appagante. La macchina ,con il rimorchio agganciato, non poteva
superare una modesta velocità di crociera; poi con il peso della
roulotte raggiungere e superare gli ottanta km,era già una impresa
ragguardevole.
Stavamo
attraversando la foresta nera, il paesaggio d'intorno era tutto un
proliferare di alberi antichi, di querce, di pini,mentre il tardo
pomeriggio si avvicinava e ci annunciava una notte tetra ,dovuta al
fatto che il tempo era abbastanza inclemente. I figli piangevano per
qualsiasi contrattempo, mia moglie cominciava ad essere nervosa ed
irrascibile, gravata da una serie di incombenze davvero pesanti
mentre io dovevo occuparmi della guida. Tra la foschia e la pioggia
,vidi attraverso gli alberi un vecchio castello che pareva l'antro di
uno stregone, di un mago. Mi rammentai di alcune fiabe dei fratelli
Grimm, che spesso erano ambientate in modo cupo e con risvolti
preoccupanti. Ecco come nacque ,in una atmosfera da tregenda ,proprio
da foresta nera, uno scrittore di fiabe che però aveva il compito
delicato di alleggerire il più possibile la tensione e di tenere
agganciati i propri figli ad una varietà di argomenti,per loro
avvincenti e liberanti.Inoltre ,grazie ai due fratelli affabulatori
germanici, quando incontravano una cittadina ,come i musicanti di
Brema, legata alle loro novelle era possibile ricamarci intorno e
suggestionare i bimbi con riferimenti anche geografici e storici
precisi. Ma l'incombenza si rivelò più gravosa del previsto per cui
dovetti inventare le storie più strane, e risultò essenziale che i
due pargoli si dichiarassero appagati di quanto andavo narrando...
Fui costretto, se non volevo restare a corto di idee, ad impegnare i
dopo cena in modo fruttuoso. Subito dopo il pasto serale preparavo lo
schema di otto o nove fiabe, racconti,filastrocche, indovinelli e
sciarade.
Senza
volerlo ripristinai la tradizione millenaria delle fiabe, che hanno
avuto una origine orale, là dove le famiglie patriarcali si
riunivano la sera intorno ad un fuoco ed i vecchi, saggi e depositari
di una cultura orale millenaria, srotolavano le avventure che avevano
ricevuto dai loro antenati e custodite a futura memoria. E da questo
"tesoretto" di fantasia ed inventiva nacque per me
l'esigenza di perfezionare la capacità di raccontare e di farne un
personale trampolino di prova. Ci fu una inevitabile, iniziale
delusione chè, delle centocinquanta e più fiabe da me immaginate,
se ne salvarono solo sei. Le altre, da me trascritte, sospetto che
non abbiamo fatto una fine molto gloriosa.
Ma ho
anche immaginato alcune fiabe non legate al viaggio in roulotte, di
cui sono particolarmente orgoglioso. Per cui una volta finii in
ospedale, per la reazione di due medicine incompatibili ed ingerite
insieme .Mi indussero ad un coma quasi mortale e mi svegliai ignaro,
in una corsia di ospedale,salvato da Davide che diede l'allarme
sentendo i miei lamenti notturni. Fu per me doloroso ,faticoso e
quanto mai frustrante, riuscire a ritrovare un equilibrio
esistenziale accettabile. Mentre le ore ospedaliere non passavano mai
,mi chiesi che succede ad un individuo capace di affabulare, se le sue
facoltà vengono compromesse?
La
risposta la trovate nella fiaba/racconto qui pubblicata, intitolata
"LA NICCHIA MALATA" e che dedico,con simpatia ed in umiltà,
a quanti soffrono per la loro salute compromessa,sperando che le
ragnatele della mente intorpidita,vengano spazzate.
Pontassieve
10 novembre 2013
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