"MI CHIAMAVANO SPUGNA"
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A LUI VA LA DEDICA DEL MIO LIBRO EU ANGHELON |
Mi chiamavano SPUGNA ,non perchè bevessi vino (ché anzi il fegato mi rimproverava e mi controllava) ma perchè ho avuto il dono di incamerare dentro di me esperienze le più disparate , fondamentali e ricchissime che ho testimoniato a voce senza mai riportarle per scritto. Per questo credo che sia un obbligo morale, ma anche un piacevole tuffo nel passato , quello di ricordare alcune esperienze fondamentali della mia esistenza di settantenne. D'improvviso ,mentre parli con amici,ti rendi conto che questa dimensione storica è mia e soltanto mia e rischia di scomparire se nessuno dopo di me la conoscerà e/o ne scriverà . Ecco perché mi è caro consegnare un simbolico testimone a chi mi seguirà, per far capire anche la bellezze, la profondità e il coraggio di certi lasciti umani, I nomi sono abbastanza noti ed altri appena conosciuti ,ma che hanno tutti il carattere di peculiarità esistenziale , originale e preziosa . Ricorderò DON SILVIO RAVERA, che ebbe il titolo di Monsignore in vecchiaia : il mio parroco quando quattordicenne sbarcai a Savona , dove il razzismo dei liguri verso i meridionali era così feroce che io riuscii a parlare con qualcuno diverso della mia famiglia ben cinque anni dopo che studiavo al liceo classico . Don Silvio mi accolse ragazzo nella parrocchia "DI LA' DAL FIUME" come recita il titolo di un suo fortunato libro oggi introvabile e che per intensità di memorie e peculiarità di riflessione viva del vangelo fu paragonato a d ESPERIENZE PASTORALI DI don Milani. Agganciato a Don SILVIO ci fu la figura di THEILARD DE CHARDIN ,che io connotavo con frasi scherzose perchè in parrocchia si consumava pasti e Tehilard, .All'epoca il c,d, GESUITA PROIBITO era pochissimo conosciuto ,ma ebbe lo merito-come ANTROPOLOGO STUDIOSO E DOCUMENTATO - di fare un ultimo tentativo di riconciliare la fede religiosa cristiana e il pensiero scientifico. Subito dopo il Concilio fu sconfessato dalla tremenda sede del SANTO UFFIZIO (allora si chiamava così)cassato e passato nel dimenticatoio. E quindi THOMAS MERTON , il benedettino della montagna delle sette balze,monaco di clausura che tentò di conciliare il pensiero mistico dei monaci tibetani. Merton morì, fulminato da un apparecchio elettrico, mentre si trovava in un convento tibetano :la sua morte fu così paradossale che nessuno allora credette a questo incidente e Don Silvio mi chiese di scrivere una specie di romanzo (che aveva già un editore in USA ) CHE PRESENTASSE QUESTE DUE FIGURE STORICHE IN UN RITRATTO IN PIEDI SENZA TRADIRE IL LORO LASCITO RELIGIOSO .Per me fu un appuntamento mancato, per Ravera fu una delusione il mio rifiuto perché non mi sentivo all'altezza o bassezza di un compito così arduo. E poi via via altri nomi che presenterò se non rincoglionisco nel frattempo, se il cuore mi darà requie e se un pò di capacità di scrittura si riaffaccerà alla mia mente.
07/11 2014
IL CICLISMO CON DON SILVIO RAVERA

Quel diavolo di un prete correva come una saetta, con le movenze e la postura di un grande corridore. Ché Don Silvio RAVERA aveva le movenze e la postura di un grande corridore dato che praticava quello sport da decenni e ,pur avendo appena quarant'anni, era sempre in grado di stracciare i compagni di bici del momento.che lasciava sulla soglia del matrimonio e della pancetta da commendatore,per passare ad altri compagni ed altre gite.Nonostante avesse superato i quaranta era in grado di tener testa a ragazzi con metà dei suoi anni, e quindi -come una fatalità-toccò a me allenarmi al mattino con Silvio e Giorgio, il più bravo dei suoi allievi.Quella volta la meta era la salita di ALBENGA ed io, superato il centro abitato della cittadina ligure ,decisi di lasciare il gruppetto in allenamento e proiettarmi sul traguardo tanto agognato, Sapevo che nessuno si sarebbe spettato quella mia mossa un pò spericolata e faticosa per quasi 4 km.,,ma tant'è volevo dimostrare a me stesso che il traguardo era nelle mie possibilità di corridore . Non sbagliai una sola pedalata, sentivo la bici che sfrecciava sicura verso la salita e d i miei muscoli rispondevano in modo perfetto alle mie sollecitazioni. Arrivai a cinquanta metri da l traguardo da solo e pimpante ,ormai sicuro del risultato.A trenta metri mi affiancò SILVIO ,che con fare strafottente ,si alzò sui pedali e fischiettando mi superò in modo inesorabile. Fu la sua strafottenza a vincermi ,perchè psicologicamente vedendolo così pimpante si ruppe dentro di me ogni residuo competitivo ed arrivai secondo. Poi Silvio mi prese da parte emi disse :vedi Gianfri ,se tu avessi dato una sola pedalata io mi sarei seduto sui sellini ,senza più riuscire a muovere. Lo guardai esterrefatto,perché non avevo creduto ad una sua mossa astuta ed efficace. Dei tanti episodi che riguardano le avventure di DON SILVIO riportati nel libro "CHE HOBBY RAGAZZI" ,ho scelto questo ricordo perchè a distanza di anni mi brucia ancora quella sconfitta.
L'EPISODIO DI COPPI E BARTALI "LA BORRACCIA"

Prima di narrare l'episodio di come mi decisi ad appendere ad un chiodo la mia amata bici,che -rispetto ai miei compagni di allenamento-era una olmo di Celle ligure (Sv) :Olmo era stato un compagno di squadra di Bartali e ,quando si era ritirato dallo sport agonistico aveva aperto una officina ed una piccola fabbrica ;la bici era bella compatta ,ma pesava il triplo delle bici da corsa ed il cambio era un limitato ad supporto di pianura e salita .Fu una miniera incredibile di notizie sportive ,tra cui Il Nencini che pretendeva dai gregari acqua con ghiaccio e champagne in tarda mattinata ,e lo scontento eterno di Bartali .E la severità di Coppi come caposquadra della Bianchi. Ma ora posso raccontare di quella volta che si andava in quel di Ventimiglia, vicino al confino .Ci eravamo ritrovati alle cinque di mattina ,dato che la distanza da coprire superava i 250 km.ed io dato che sudavo come un disperato avevo sempre, sempre sete :Mi chiamavano ,in dialetto ligure ,( sciupùn de l'egua) cioè SPRECONE DELL'ACQUA. Arrivati alla meta mi sdraia stravolto sopra un' AIUOLA D'ERBA ,vicino ad una fontana . Misi un fazzoletto ,intriso d'acqua, sul volto mentre gli altri in silenzio ,con le espressioni stravolte, mi stavano attorno, seduti cercando di smaltire la fatica e recuperare le forze. .Dopo un pò si avvicina una vecchietta ,tutta vestita di nero e rivolta al compagno che mi era più vicino chiese ,indicandomi con la mano: "L'E' MORT?" .Questi, non avendo neanche la forza di parlare e non avendo capito bene l'interrogativo della donna, fece con aria contrita cenno di si, affermativo. Per cui la donna si inginocchiò al mio fianco e cominciò a recitare qualche giaculatoria ,per il povero defunto . IO, stravolto dalla fatica, sentivo vicino a me una voce femminile che pregava le litanie dei defunti e non capendo cosa stesse succedendo ,mi rigirai, tolsi il fazzoletto dal volto e mi misi a sedere ,guardando allucinato la donna in preghiera.Non SO BENE COSA SI FOSSE IMMAGINATO , costei si alzò di scatto e cominciò ad urlare,scappando a gambe levate . Noi a ridere ed il prete inforcò la bici e la inseguì per calmarla ,cercando di spiegare , l'equivoco in cui era caduta. La donna non fu paga finché non ci insultò asserendo che eravamo tutti degli assatanati , compreso il moribondo, e che non si doveva scherzare con la pia devozione della gente.
11/11/2014
IL DISTACCO DALLA BICICLETTA
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LOURDES |
La vicenda che portò al distacco dalla bicicletta si è svolta in due tempi,ben distinti e molto cadenzati, nel senso che il Don andava preso con le molle mentre determinate situazioni si presentavano come malleabili ,ma per per altre non c'era speranza.
Il primo capitolo negativo fu l'ultimo anno di viaggio a Lourdes , con un buon allenamento di migliaia di km. ,io con una buona bici da corsa però il tutto sotto una cattiva stella.Infatti fu l'anno che ,per una serie di motivi diversi, il prete non organizzò le tappe come era costume fare per cui non avevamo nessuna garanzia per il riposo. Partimmo un pò alla ventura io Giorgio e Don Silvio , con l'idea che in tre avremmo risolto qualsiasi problema logistico .La prima sera arrivati verso le 21 all'ostello della gioventù questi era stracolmo e nessuna possibilità di trovare un giaciglio. Ci permisero di lavarci e di mangiare una schifosa "poutage "e poi via fino a dopo mezzanotte a cercare un qualche rifugio notturno. Finalmente una famiglia, impietosita dal nostro peregrinare, ci fece accomodare nel giardino e dormimmo, se si può parlar di dormire ,alla bene e meglio,con una brandina di fortuna per il prete. Al mattino ripartimmo ,stravolti per la mancanza di sonno e mi preoccupavo soprattutto di non sbandare per non venire travolto da qualche camion con rimorchio che poteva risucchiarci sulla sua scia. La seconda sera o meglio "notte" stessa manfrina e vuoto di possibili letti fino a quando ,arrivati ad una stazione ,il capostazione ci fece accomodare su un vagone con poca paglia sul pavimento , ma con l' indicazione che alle 5 il carro stesso sarebbe stato spostato e ed avremmo dovuto la sciare quel giaciglio di fortuna.Giorgio che non era abituato a non dormire, cominciò a dare i numeri e di notte protestava e d urlava contro tutti con una febbre notevole, per cui alle cinque quando fummo buttati fuori dalla stazione,. dovemmo cercare una farmacia di fortuna e dare qualche sollievo al nostro amico.La terza sera tralasciammo di cercare qualsiasi altra soluzione e rassegnati dormimmo nei sacchi a pelo in un giardino di periferia . FINALMENTE IL QUARTO GIORNO ARRIVAMMO A DESTINAZIONE. La gita era strutturata in modo tale che ,dopo un giorno e mezzo di sosta si prendeva ll treno dalla Francia fino a VENTIMIGLIA E DA QUI si arrivava in parrocchia accolti dalla folla plaudente .Ma , previo avviso telefonico il Don segnalò il fatto che eravamo ridotti davvero male , nessuna festa e Giorgio finì di corsa all'Ospedale. Ed io appena entrai stravolto in casa ,dove dormii per quasi due giorni, proclamai il "MAI PIU" DI RITO E LA FINE DELLA MIA esperienza di corridore.

THEILARD DE CHARDIN
Non proverò neanche di striscio a tentare di presentare una figura di intellettuale ,studioso e scienziato di alto livello quale fu Theilhard DE CHARDIN pronipote di Voltaire,.E' stato un padre gesuita,antropologo che con i suoi ritrovamenti sul campo ed i suoi studi su fossili ha elaborato una filosofia che ,a ridosso del concilio, impegnò le menti ,il coinvolgimento ed anche l'entusiasmo di molti studiosi cattolici.E questa fu una scoperta singola, avvenuta in ambienti lontani dal dibattito religioso che si infervoravano per un pensiero scientifico che tentava ,ancora una volta,di conciliare il pensiero religioso cristiano e gli studi dell'evoluzionismo ,condannati apertamente dalla chiesa. In Italia la ARNOLDO MONDADORI si affrettò a pubblicare alcuni suoi testi, e l'ambiente non religioso da cui provenivano i traduttori, creò una serie di malintesi non sempre risolti in maniera positiva . Oggi nessuno parla più del pensiero dello scienziato Theilhard che tentò di dare una risposta molto impegnativa a questa domanda :nella visione di salvezza del Cristo,può esistere una ipotesi in cui a salvarsi non sarà soltanto ciò che di spirituale è presente nell'universo ,ma anche la santa materia ? Ipotizzando un tempo ALFA ,quello di inizio della storia, si prevedeva una dine al punto OMEGA .IL punto di riassunto e riconciliazione dove questa crescita universale della materia,diverrà SPIRITO per il trionfo di una evoluzione millenaria , apparentemente lontanissima nel tempo e nello spazio,ma tale da rispondere ad ogni esigenza scientifica e religiosa.-Per chi volesse approfondire i testi di Theilhard sono ancora rintracciabili in qualche vecchia libreria, ma la chiesa a livello gerarchico, nell 'intervento decisivo dell' allora Santo Uffizio condannò senza mezze misure questa elaborazione scientifico/religiosa.Credo che Don Silvio, alias Monsignor RAVERA fosse a tutti gli anni settanta del secolo scorso uno dei più entusiasti studiosi del pensiero di Thehilard e come tale veniva invitato anche in facoltà universitarie di mezza Europa a discutere tesi di laurea e studi avanzati.Noi poveri studentelli che lo seguivamo con ammirazione e perplessità insieme anche in questi studi originali ne subivamo il fascino .Però sapevamo che la passione verso il pensiero theilhardiano era solo un fuoco fatuo destinato a sparire per sempre.
Certo che per tutti noi fu un privilegio enorme poter discutere di questo pensiero scientifico che allora appariva rivoluzionario.
Ricordo anche che portai Don Silvio a Gioventù Studentesca e a distanza di anni gli studenti mi ringraziarono per un contributo così originale.
Ma non avevo nessun merito,solo quello di poter contare su di lui
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THEILARD DE CHARDIN |
Non proverò neanche di striscio a tentare di presentare una figura di intellettuale ,studioso e scienziato di alto livello quale fu Theilhard DE CHARDIN pronipote di Voltaire,.E' stato un padre gesuita,antropologo che con i suoi ritrovamenti sul campo ed i suoi studi su fossili ha elaborato una filosofia che ,a ridosso del concilio, impegnò le menti ,il coinvolgimento ed anche l'entusiasmo di molti studiosi cattolici.E questa fu una scoperta singola, avvenuta in ambienti lontani dal dibattito religioso che si infervoravano per un pensiero scientifico che tentava ,ancora una volta,di conciliare il pensiero religioso cristiano e gli studi dell'evoluzionismo ,condannati apertamente dalla chiesa. In Italia la ARNOLDO MONDADORI si affrettò a pubblicare alcuni suoi testi, e l'ambiente non religioso da cui provenivano i traduttori, creò una serie di malintesi non sempre risolti in maniera positiva . Oggi nessuno parla più del pensiero dello scienziato Theilhard che tentò di dare una risposta molto impegnativa a questa domanda :nella visione di salvezza del Cristo,può esistere una ipotesi in cui a salvarsi non sarà soltanto ciò che di spirituale è presente nell'universo ,ma anche la santa materia ? Ipotizzando un tempo ALFA ,quello di inizio della storia, si prevedeva una dine al punto OMEGA .IL punto di riassunto e riconciliazione dove questa crescita universale della materia,diverrà SPIRITO per il trionfo di una evoluzione millenaria , apparentemente lontanissima nel tempo e nello spazio,ma tale da rispondere ad ogni esigenza scientifica e religiosa.-Per chi volesse approfondire i testi di Theilhard sono ancora rintracciabili in qualche vecchia libreria, ma la chiesa a livello gerarchico, nell 'intervento decisivo dell' allora Santo Uffizio condannò senza mezze misure questa elaborazione scientifico/religiosa.Credo che Don Silvio, alias Monsignor RAVERA fosse a tutti gli anni settanta del secolo scorso uno dei più entusiasti studiosi del pensiero di Thehilard e come tale veniva invitato anche in facoltà universitarie di mezza Europa a discutere tesi di laurea e studi avanzati.Noi poveri studentelli che lo seguivamo con ammirazione e perplessità insieme anche in questi studi originali ne subivamo il fascino .Però sapevamo che la passione verso il pensiero theilhardiano era solo un fuoco fatuo destinato a sparire per sempre.
Certo che per tutti noi fu un privilegio enorme poter discutere di questo pensiero scientifico che allora appariva rivoluzionario.
Ricordo anche che portai Don Silvio a Gioventù Studentesca e a distanza di anni gli studenti mi ringraziarono per un contributo così originale.
Ma non avevo nessun merito,solo quello di poter contare su di lui
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