I FOCHI DI SAN GIOVANNI
I “Fochi “ di San Giovanni ,a
Firenze
li ho ammirati ad anni
alterni , da lontano,
dai crepuscolari colli
fiesolani
dai bastioni del Forte Belvedere
tra erbe ed impietriti massi ;
li ho attesi tra i passi dei
cittadini festanti ,
poi spaparanzati sui muri dei lungarni ,
plaudenti , ammirati, caciarosi
di fronte alle
svolazzanti figure del creato.
Ho visto draghi con
lingue di fuoco
e balenii
serpentini
che si tuffavano in cielo
come da inviolati
trampolini,
ogni figura affascinante per
i contrasti di bagliori
e antichi rumori, quasi
corrosivi,
proiettati su indelebili
piroette luminose,
sempre foriera di un odore ,
che accompagna la
deflagrazione della polvere ,
che s’imbeve di olezzi ed esplosivi.
Erano “fochi” risplendenti ,
a tratti nuovi ed imprevisti
,
sorprese per gli occhi e per
i volti ascesi,
più spesso risaputi, già
sperimentati
ricuciti nella brezza della
sera,
per intrecciarsi con spirali e
globi di cristallo ;
pronti a balzare
sulle nostre teste , a proiettarsi
in una incorrotta altura
celeste di frantumate schegge .
Ed ogni luccichìo si dipanava
sempre più veloce ,
ritmato ,come un focoso cavallo imbizzarrito
si liberava nel vento
con spirali a fendenti
e sciabole di luci
per poi placarsi e spegnersi
,
nel buio degli astri siderali
a gocce frammentarie di pulviscoli di stelle .
Ma per me, che ti sapevo lontano,
in pescosi acciottolati marinari,
i “ fochi” erano come opachi,
come filtrati da un paludoso
annebbiamento ,
che verso i nimbi “passeggeri
“ si frantumava ,
ad inseguirsi di riflesso in
riflesso
verso le nostre sembianze
appassionate ,
per la falce di luce che
l’una nell’altra
la nostra commozione
rispecchiava .
E si lottava contro il gelo
di arcaiche dissonanze ,
di cacofoniche armonie ,
che in primavera ed in estate
rischiaravano il tuo sguardo ,
e scolpivano il tuo braccio
che mi avvolge ,
lieto di sfiorarmi con antiche propaggini
nel buio delle folate rive
,
vive nel brusìo che si
aizzava
nelle ruggini bianche della
sera .
I ghirigori acquitrini sotto i ponti,
in questa misterica sera
traspirano dall’acqua scura d ‘Arno,
a rinserrarsi in una spalancata voliera
discavando dentro di noi un suono , un incanto,
come un celeste rimpianto di
incorruttibile preghiera.
Mentre sedevo su un improvvisato
seggiolino
sbrigliando in alto i miei
lazzi,
i coltivati canti popolari,
per anni praticati e sempre
più affinati,
la mia testa si liberava di
cupezza
si frantumavano i legami pazzi,
che fino ad allora ci avevano
avvolti
nella scansione dei miei
irriverenti vocalizzi ,
effervescenti lungo le tracce
di un sferzante scherzo che ci rinfresca
con argentate docce ,vive di
azzurre luci
e ci avviluppa in folli sghiribizzi.
Ed ecco che saliva,
ad avvolgermi in festose irriverenze ,
il dono di te stesso , che mi
hai elargito .
Perché da ieri sera
che la nostra incantevole
scoperta
di una estate calda ,
- appena trascorsa primavera -
si è soffermata sfagliante
di fronte al lontano
belvedere ,
tutto è divenuto più
tangibile,
più luminescente .
E’ esploso il nostro intimo appiglio
in una scaglia di ardimentosa
sfera ,
quando ho scolpito per noi
il fuoco rifrangente ,la mia
spalla ferita
dalla carezza della tua mano
che mi avvolge e mi
trafigge,
con un calore sotteso tra il
tuo braccio
ed il mio collo taurino.
Ma ecco che le spirali,
le infinitesime scie
di miliardi di vie lattee
che si rifrangono
in nuovi pulviscoli di lustri
abbagli,
in frecce arrampicate
che paiono frangersi nel
nulla,
in sinuosi serpenti
rifusi nelle scaglie ,in
pulsioni di luce ,
in giochi dai colori
ardimentosi :
il bianco ,il giallo,il verde
l’indaco e il rosso.
Tutti sono entrati , con
calibrata cantilena,
a sopire ogni nostra antica pena,
per donarci, nel firmamento
che si accheta,
un nuovo trascinante farfaglìo,
le speranze antiche , fustigate
da braci
e da risuonate arcaiche
cadenze .
Mentre di noi tutto si nutre,
fino al silenzio spazientito
che di nuovo si distenda
il firmamento frantumato
su noi , solerti spettatori .
Ma tu ed io siamo già pronti,
per i
prossimi anni
che dai fochi di San Giovanni
si rinnovino i percorsi,
le rincorse sorridenti ,
del nostro fervore cullato
nel mistero
e denso del polverìo bianco
dell’oro,
che contagi i
rischiaranti lucci
ed i silenti passi fiorentini ,
degli abitanti del sonoro
globo
che ci sono accosti.
Firenze 28 giugno 2012
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