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mercoledì 19 settembre 2012

I FOCHI DI SAN GIOVANNI




I FOCHI DI SAN GIOVANNI

I “Fochi “ di San Giovanni ,a Firenze
li ho ammirati ad anni alterni , da lontano,
dai crepuscolari colli fiesolani
dai bastioni del Forte  Belvedere
tra  erbe ed impietriti  massi   ;
li ho attesi tra i passi dei cittadini festanti ,  
poi spaparanzati  sui muri dei lungarni ,
plaudenti  , ammirati, caciarosi
di fronte alle svolazzanti  figure del creato.

Ho visto  draghi con  lingue di fuoco
e  balenii  serpentini
che si tuffavano in  cielo
come da inviolati trampolini, 
ogni figura affascinante per i contrasti di bagliori
e antichi rumori, quasi corrosivi,
proiettati  su indelebili  piroette luminose,
sempre foriera  di un odore ,
che accompagna la deflagrazione della polvere , 
che  s’imbeve di olezzi  ed esplosivi. 

Erano  “fochi”  risplendenti ,
a tratti nuovi ed imprevisti ,
sorprese per gli occhi e per i volti ascesi,
più spesso risaputi, già sperimentati 
ricuciti nella brezza della sera,
per intrecciarsi con  spirali e  globi di cristallo ;
pronti  a balzare  sulle nostre teste , a proiettarsi
in una incorrotta altura celeste di frantumate  schegge .



Ed ogni luccichìo si dipanava sempre più veloce ,
ritmato ,come un focoso  cavallo imbizzarrito
si liberava  nel vento
con spirali a fendenti
e sciabole di luci
per poi placarsi e spegnersi ,
nel buio degli astri siderali
a gocce frammentarie  di pulviscoli di stelle . 
               
Ma per me, che ti sapevo lontano,
in pescosi acciottolati marinari,
i “ fochi” erano come opachi,  
come filtrati da un paludoso annebbiamento  ,
che verso i nimbi “passeggeri “ si frantumava ,
ad inseguirsi di riflesso in riflesso
verso le nostre sembianze appassionate ,   
per la falce di luce che l’una nell’altra
la nostra commozione rispecchiava .

E si lottava contro il gelo
di arcaiche dissonanze ,
di cacofoniche armonie ,  
che in primavera ed in estate
rischiaravano il tuo sguardo ,
e scolpivano il tuo braccio
che mi avvolge ,    
lieto di  sfiorarmi con antiche propaggini
nel buio delle folate rive ,     
vive nel brusìo che si aizzava
nelle ruggini bianche della sera .

I ghirigori acquitrini  sotto i ponti,
in questa misterica sera
traspirano dall’acqua  scura d ‘Arno, 
a rinserrarsi in una  spalancata voliera
discavando dentro di noi  un suono , un incanto,
come un celeste rimpianto di incorruttibile preghiera.      

Mentre sedevo su un improvvisato seggiolino
sbrigliando in alto  i miei  lazzi,
i coltivati  canti popolari,
per anni praticati e sempre più affinati,
la mia testa si liberava di cupezza
si frantumavano i  legami pazzi,  
che fino ad allora ci avevano avvolti
nella scansione dei miei irriverenti vocalizzi ,
effervescenti lungo le tracce
di un sferzante  scherzo che ci rinfresca
con argentate docce ,vive di azzurre luci
e  ci avviluppa in folli  sghiribizzi.
 
Ed ecco che saliva,
ad avvolgermi  in festose irriverenze ,
il dono di te stesso , che mi hai elargito .
                         
Perché da ieri sera
che la nostra incantevole scoperta
di una estate calda  ,
 - appena trascorsa primavera - 
si è soffermata sfagliante
di fronte al lontano belvedere ,
tutto è divenuto più tangibile,
più luminescente .


E’  esploso il nostro intimo appiglio 
in una scaglia di ardimentosa sfera ,
quando ho scolpito  per noi
il fuoco rifrangente ,la mia spalla ferita
dalla carezza della tua mano
che mi avvolge e mi trafigge, 
con un calore sotteso tra il tuo braccio
ed il mio collo taurino.
                             
Ma ecco che le spirali,
le infinitesime scie 
di miliardi di  vie lattee
che si rifrangono 
in nuovi pulviscoli di lustri abbagli, 
in frecce arrampicate
che paiono frangersi nel nulla,  
in sinuosi serpenti
rifusi nelle scaglie ,in pulsioni  di luce ,      
in giochi dai colori ardimentosi :
il bianco ,il giallo,il verde
l’indaco e il rosso.
                             
Tutti sono entrati , con calibrata cantilena,
a sopire ogni nostra  antica pena,
per donarci, nel firmamento che si accheta,
un nuovo  trascinante farfaglìo,
le speranze antiche , fustigate da braci  
e da risuonate arcaiche cadenze . 

Mentre di noi tutto  si nutre,
fino al silenzio spazientito
che  di nuovo si distenda
il firmamento frantumato
su  noi , solerti spettatori .

Ma tu ed io siamo già pronti,
per  i  prossimi anni
che dai  fochi di San Giovanni
si rinnovino  i percorsi,
le rincorse sorridenti  ,
del nostro fervore cullato nel mistero
e denso del polverìo bianco dell’oro,
che contagi i rischiaranti  lucci 
ed i silenti passi  fiorentini ,
degli abitanti del sonoro globo
che ci sono accosti.

Firenze 28 giugno 2012 






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