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sabato 19 novembre 2016

RICORDI - IL MIO TEATRO...CURIOSITA' - Da un sogno irrealizzato al palcoscenico

                                    IL MIO TEATRO...


LE LOCANDINE DELLE MIE REGIE








Se avessi un gran talento come scrittore vorrei rendere 
omaggio al regista che sono stato, non per auto incensarmi , ma per far capire quanto sia delicato e bello questo strumento che l'uomo ha creato e che vive di una eterna ed incurabile malattia :la crisi dell'uomo. Ché il teatro segue passo passo ciò che l'uomo sogna,canta e spera. Ora vorrei ricordare in progress alcune operazioni registiche di particolare soddisfazione , sapendo che sarò di necessità approssimativo e mi dovrò affidare anche alla fantasia, alla buona volontà e benevolenza di chi verrà a conoscenza di queste messe in scena.Tenendo presente l'aforisma molto divertente e vero di Camilleri quando asserisce che il teatro è sempre stato importante ma è sempre stato in crisi .Lui è convinto che un giorno troveremo negli appunti segreti di Eschilo una sua affermazione di crisi del teatro greco ,come una consuetudine degli albori senza sottacere ciò che i nostri antenati ci hanno tramandato.Ed anche se oggi ci sono miriade di proposte alternative al servizio dell'uomo e delle sue necessità espressive ,non dobbiamo scordare che la televisione ,il cinema vivono di un riflesso condizIonato di ciò che il teatro è stato e quando in stato di grazia,l'attore solo e nudo davanti al pubblico, medierà il suo corpo tra lo scrittore e lo spettatore ,niente può dare la sensazione fantastica e mirabile che solo quella voce ,quello sguardo possono testimoniare la grandezza dell'uomo e la sua storia.MI diceva Orazio Costa che aveva vissuto di riflesso il dolore di attore di Salvo Randone ,che aveva uno strumento immenso per la sua professione,sentiva la caducità della sua vita di guitto ,non avendo il talento di chi scrive ed innalza al cielo parole liberanti per noi tutti spettatori. Così' Gasmann che a Genova ,nelle colombiadi, recitava su un palco tra due file di spettatori,un teatro nel porto creato da Renzo Piano, alla fine di un intenso Moby Dick mi chiese se era stato bravo nelle vesti del Capitano Acab cacciatore della Balena bianca, non potei rispondergli perchè avevo un immenso groppo in gola di commozione ed incredulità che un attore possa arrivare a testimoniare vette immense di umanità ,per salvarci dalla bestia che si annida nelle nostre viscere


                 IL PENTAGRAMMA DI MOZART









Ogni tanto il drammaturgo e regista (detto più umilmente l'autore teatrale) GIAN FRANCO SANTORO mi rimprovera asserendo che lo trascuro, e non parlo quasi mai dei suoi testi teatrali, soprattutto quelli inediti. 
Io ho un bel dirgli che ho mandato in soffitta il poeta dal 2013, che il regista è in sonno ( come i massoni ) almeno dal 2012 e che l'affabulatore di racconti per ragazzi non si è più fatto vedere da quando i due figlioli son cresciuti. 
Infine che il romanziere ,dopo otto mesi di stop dell'ultimo romanzo, sta emergendo dal porto delle nebbie. Ma tant'è si sa come sono gli uomini di teatro,rompicoglioni che non si stancano mai di fracassare gli zebedei.
Tuttavia c'è da tener conto di un MA (grosso come una casa ), ché l'idea di trovare felice dimora teatrale al mio adorato Wolfgang Amadeus Mozart mi ha coinvolto ed impegnato per diversi anni. Ecco come è nata l'idea di un ideale PENTAGRAMMA , cinque atti unici della durata di circa un'ora della vita di AMADE',scadenzati nelle età canoniche di 15, 20, 25, 30 e 35 anni : a proposito preciso per l'inclito e il volgo che che Wolfi detestava il nome AMADEUS ,che per lettera lo usò solo un paio di volte quando spaventato dovette scrivere a Leopold, l'arcigno padre .Doveva dargli la ferale notizia che il suo figliolo, da poco sbarcato a Vienna ,ma ancora senza arte né parte ed incapace a star da solo ,si sarebbe sposato .Che la prescelta era Costanza , figliola della famiglia Weber ,la sua affitta camere. Costei era una fraschetta di vedute molto,molto larghe (ma questo Wolfi non poteva scriverlo al padre, se no apriti cielo ).
Dicevo di un mio serio impegno ,che si focalizzò nella ricostruzione del periodo giovanile di Mozart a 15 anni.Egli passò per Firenze,al suo ritorno da Roma verso l'odiata Salisburgo, nel suo secondo viaggio in Italia .Qui soggiornò per pochi giorni, lieto del fatto che aveva ricevuto dal Papa" l'ordine insigne dello speron d'oro", patacca pontificia ,per le sue doti musicali .Avevo immaginato che ,approfittando di una giornata di riposo senza impegni sociali, era salito in una zona termale dell'appennino tosco/emiliano. 
Qui usava passar le acque il conte SERRISTORI, l'addetto musicale della casa Medici e Theophilus (cioè amato da Dio) aveva dovuto aspettare quasi una giornata al freddo e digiuno per farsi ricevere dal conte medesimo. 
Udienza che poi era finita in un fiasco ,quando il giovane fu rispedito a Firenze per proseguire il suo viaggio di ritorno in patria. Come si intuisce e capisce da questa breve sintesi c'era materiale per una ripresa teatrale in grande spolvero. Ma non sono mai riuscito a rappresentare questo atto unico ,conosciuto solo perchè ne ho ricavato qualche lettura drammatizzata; ed ora è pubblicato nella raccolta di miei testi intitolata COTONU .E il PENTAGRAMMA è anche lui in sonno, in attesa che qualcuno dimostri un sia pur minimo interesse a questo argomento.

Avendo aperto una riflessione sul mio programma teatrale dedicato a Mozart ed al PENTAGRAMMA ,suddiviso in 5 momenti topici della vita di AMADE' ,ho accennato al Mozart quindicenne che passa da Firenze per ottenere un incarico musicale. Ora vorrei spendere due parole,per l'altra piéce che riguarda Mozart a 35 anni,che ho terminato in un mese ma che nessuno conosce e la famosa bufala del REQUIEM . Dico bufala ché il romanticismo ,complice il depistaggio di Costanza e dall'allievo Sussmayr ,che fu l'amante della non ancora vedova .Su sua specifica richiesta terminò il Requiem dopo la morte del genio di Salisburgo e divisero il malloppo. . E' caduto in questa trappola persino SCHAFFER che in AMADEUS fa credere che il Requiem fosse stato commissionato da Salieri in persona e che ,al cospetto di Mozart morente, lo aiuta a finire il pezzo, dicendo ogni tanto a voce alta :" NON CAPISCO , NON CAPISCO, come se fosse un pischello qualunque e non il conclamato compositore di corte e maestro di Beethoven. In ogni caso ,intorno a questo pasticcio c'è un birbancello castellano ,di cui si conosce nome, cognome ed indirizzo , che mandava in giro per il mondo austroungarico i propri scagnozzi a commissionare pezzi di musica che poi faceva eseguire presso la propria avita dimora in prima mondiale spacciandoli per propri. C'è una vedova avida di danari, Costanza che non intende rinunciare al saldo del REQUIEM ,facendolo finire dal proprio amante.Da pari suo ella pretendeva ,con minacce e lusinghe fino all'ultima moneta .Infine c'è il giovincello Schaffer ,che passerà alla storia solo per questa incombenza ricevuta dalla vedova .E Wolfgang in tutto questo "casino" , sapeva?Che entrambi i coniugi si cornificassero è un dato risaputo,sapendolo entrambi, tanto che Amadè scriveva alla ragazza,che passava le acque, a non sputtanarlo tropo salvando almeno le apparenze di una compromessa dignità .Per il REQUIEM MOZART sapeva della committenza fraudolenta e non si applicò più di tanto,lasciandolo incompiuto .Tanto il giovine aveva già completato il proprio laido compito di mettere in cinta Costanza, per uno degli eredi del maestro.




                  IL MONACO RUBLEV E ALJOSCIA


L'argomento pare difficile ma non lo è, perchè si parla di TEATRO...dunque oggi nella pastorale cattolica si celebra la annunciazione e cercando un riferimento figurativo,si pensa subito al l'affresco del Beato ANGELICO ,ché è per noi il pittore dell'umanesimo più conosciuto.


L'ANNUNCIAZIONE di BEATO ANGELICO






Studiando il nostro ANGELICO ,per una serie di rimandi sotterranei, mi sono imbattuto in un grande pittore russo ,coevo,una sorta di gemello storico, il monaco Andrej Rublev ,la cui vita aveva ed ha enormi potenzialità teatrali (e che noi italiani conosciamo per il bellissimo film del regista russo TARKOVSKIJ).


Andrej Arsen'evič Tarkovskij


Chiesi consiglio al poeta MARIO LUZI,che mi presentò una letterata specializzata in teatro spirituale,la Prof.ssa Del Mauro.

ANDREJ RUBLEV
Fin qui l'antefatto che riassumo per comodità:
 - L' Annunciazione 
 - Il Beato Angelico
 - Andrej Rublev 
 - Tarkovskyj 
 - Mario LUZI 
 - Del Mauro e 
 - Santoro.
 Questa una sorta di catena di S.Antonio impegnata a risolvere e scrivere un testo teatrale di grande fascino,ma molto difficile,Il tema di fondo della vita di Rublev, per me, era quello di un comunità di monaci, distrutta da satrapi violenti e selvaggi, che aveva accecato i monaci pittori per conservare il segreto della loro straordinaria capacità pittorica e distrutto il convento. Passano gli anni ed ANDREJ ,che si era salvato, torna al proprio convento, richiama i fratelli monaci, ma qui scopre che tutte le campane sono state fuse per ricavarne armi e bombarde. 
La mia amica scrittrice parte in quarta e scrive un testo sulla vita di Rublev,lontano dalle mie idee. 
Presentiamo ad un concorso nazionale e poi internazionale il testo e risultiamo vincitori. Ma ( e c'è un ,ma grande) io volevo ritagliare nella vita del monaco la vicenda per cui decidono di fondere nuove campane ma non esiste più un mastro capace di fare questo lavoro. Finché si presenta un giovane di venti anni e si dice disposto a lavorare per fondere nuove campane,poichè è stato allievo di un importante artigiano.
Parte il lavoro e  coordinati dal giovane,si procede fino alla fusione di una campana ( con una procedura magmatica che ricorda quella del Perseo di Cellini ).

Ed ecco che mi trovo tra le mani un tema fantastico,quello che un uomo di teatro se lo sogna la notte di realizzare, che renderà felici gli spettatori e sarà un piacere servire su un piatto d'argento come commedia dell'ottimismo e del trionfo.

C'è questo ragazzo che prega ANDREJ ,il monaco pittore di essere appoggiato perché lui fonderà una campana,una di quei manufatti di bronzo che si sentirà nelle campagne russe ,giù già per cento chilometri,con un suono che stordirà i contadini nei campi e nei boschi fino a purificare l'etere.
Andrej dà al ragazzo il permesso di coordinare tutti gli uomini del villaggio,tutti gli artigiani padroni di altri mestieri ma capaci di aiutarlo. Poi per renderlo meno impaurito Andrej dà ampia assicurazione al ragazzo che da quel momento,di fronte ai maggiorenti del villaggio,si assume ogni responsabilità per eventuali errori o fallimenti.
Il ragazzo ringrazia e si mette al lavoro e dopo tre mesi nasce uno di quegli strumenti musicali,una campana che anche da fuori risuona come un cembalo di Dio e come una tromba dell'apocalisse,un singulto di vigore e splendore.
Tutti portano in braccio,in trionfo il ragazzo ed Andrej lo guarda da lontano, in processione festante che si avvicina alla chiesa. 
E nel momento più importante,dopo che dal campanile è risuonato il suono tanto atteso,quando tutti ormai si sono ritirati nelle proprie capanne ,quando nel convento sono rimasti solo i monaci ciechi,rifocillati dai fratelli,ecco che il ragazzo si butta tra le braccia del monaco ed esplode in un singhiozzo di lacrime e pianti,quasi disperato.
Ma Andrej cerca di consolarlo di capire...noi del ragazzo non sappiamo il nome ed a lui viene spontaneo battezzarlo proprio in quell'istante Aljoscia piccolo uomo,piccolo angelo. Ma questi continuando a piangere chiede perdono,perchè in realtà non aveva mai forgiato una campana,non ne aveva mai visti i vari passaggi di fonderia ma si era buttato perchè aveva capito che nessuno nel villaggio avrebbe voluto confrontarsi con quella materia gruma di fuoco,lapilli e lacrime. 
Ora la DEL MAURO non ne vuole sapere ,perchè la Prof. vuole le sue parole mistiche e scrivere di un santino che preghi le sue giaculatorie con tanto di rosario e penitenza. 
Il mio tema appassionante sparisce nel nulla .
Tolgo la firma dal testo teatrale che la donna desiderosa di gloria terrena, presenterà a qualche concorso ,senza mai vedere rappresentato il testo giaculato! 
E' finita male,ché anche io sono stato punito perchè ALJOSCIA ed il monaco ANDREJ RUBLEV e gli abitanti di un villaggio russo , resteranno ancorati nei miei sogni senza incarnarsi mai.



                           ROMOLO IL GRANDE







DURRENMATT

Ma poiché non sembri che tutto il mio teatro fosse "sfigato" voglio ricordare due spettacoli teatrali fortunati anche se il primo, per non farci mancare niente, nacque sotto una cattiva stella poi trasmutata.
Decisi di mettere in scena ROMOLO IL GRANDE di FRIEDRICH DURRENMATT,un testo vivace ed una riflessione storica coinvolgente. Lo scrittore svizzero, buon teatrante e sempre incontentabile,metteva nelle note di regia il verdetto che ROMOLO IL GRANDE ,ultimo imperatore romano,fosse particolarmente odioso,nei primi due atti,per divenire simpatico. Per me era una indicazione tassativa ma non facile da risolvere, che superai con l'aiuto di MARIO SCACCIA, il grande attore che aveva recitato ROMOLO prima di noi in teatro e che mi insegnò a non divenire succube delle indicazioni degli autori.
Inoltre ,come nostra soluzione logistica, il mio laboratorio teatrale venne ospitato per sei mesi da una preside di liceo scientifico fiorentino. 
La Preside fu molto sensibile alle nostre istanze giovanili, perché il figlio di sedici anni,portatore di handicap si innamorò del teatro e divenne la nostra mascotte durante le prove. L'ambiente della piéce teatrale era una villa romana sul mare, dove stava l'imperatore, che allevava galline,in attesa della venuta dei barbari a distruggere l'impero.
 Un abile pittore ci dipinse le quinte di legno in bello stile pompeiano ,ed un abile artigiano mi costruì una ventina di gabbie da pollaio, in cui collocai altrettanti galli e galline finti, sempre risolti da quel bravo artigiano. 
Un diffusore di rumori trasmetteva il mormorio silente ,un bellissimo ron ron, dentro le gabbie degli animali e l'effetto era davvero sorprendente. 
Eravamo a circa dieci giorni dal debutto quando un bidello imbecille, senza consultarci e chiedere lumi entrò da solo nella nostra aula, chiusa a chiave, e distrusse le gabbie convinto che si trattasse di nostra rumenta e spazzatura, lasciata lì senza permesso della Preside.
Quando mi chiamarono per assistere al disastro per poco non mi prese un coccolone. Lavorando attivamente e,pagato profumatamente, l'artigiano rimediò al disastro per il nostro debutto in teatro. 
La sera della prima mentre i valletti dell'imperatore inseguivano,tra rumori di galli spaventati, polli di plastica, montati su ruote di gomma,( che nella penombra del palcoscenico parevano veri ) il pubblico principiò a ridere divertito per quella trovata scenica e da lì fu tutto un percorso in discesa tra i battimani degli spettatori e la soddisfazione dei miei attori,tra cui primeggiava uno straordinario PAOLO SANTANGELO ,splendido imperatore. Nessuno dei miei attori credeva che pochi trucchi teatrali potessero sortire tanto successo.




         LE DUE COMMEDIE DELL'AMORE E DEL CASO 




PIERRE DE MARIVAUX


Il primo autore teatrale del 2015 sarà PIERRE DE MARIVAUX ,l'avvocato nobile e ricco francese che sposò una moglie benestante.Per cui si dedicò alle lettere senza fare nulla tutto il giorno. Ma la fortuna che non è mai cieca gli girò le spalle ,perse tutto in giochi di borsa sbagliati,e dovette principiare a lavorare come giornalista prima e come teatrante dopo. 
La sua specificità di drammaturgo fu quella di presentare sempre e comunque la nascita di un amore tra adolescenti. Quindi la passione che sbocciava, irrefrenabile, proprio nel momento magico e misterioso in cui l'amore nasce; mentre le complicazioni arriveranno in scena subito, a ridosso della prima illusione di felicità. Decido di rappresentare al teatro VARIETY di Firenze,allora molto quotato,LE DUE COMMEDIE DELL'AMORE E DEL CASO ,avvertendo che il titolo francese parla dell' amour e dell'' HAZZARD ;parola che noi in Italia abbiamo tradotto male come una concatenazione del caso. Mentre il nostro Pierre voleva evidenziare,da subito che l'amore avrebbe arriso solo ad una buona dose di coraggio e di spregiudicatezza. 
Ed ecco nascere un intrigo divertente ed a tratti irresistibile. Ci infilo scene legate ad una vasca da bagno in cui immergersi nudi, dietro un paravento,nudi promiscui e di bella evidenza, altalene in giardini pensili ,lenzuola stese ad asciugare. Per non farmi mancare nulla,ma per alleggerire un dialogo brillante che poteva apparire pesante,ecco un gioco degli scacchi dove i pezzi avevano una grandezza naturale, come un essere umano e che il Pieraccioni mi ha copiato in un suo film. Ed ecco anche il gioco del minigolf (uso il termine più consueto) ,adattato al settecento.
Poteva bastare ma io volevo incantare gli spettatori ed un attore diplomato in pianoforte mi suonerà il cembalo, con un bellissimo vestito indossato da Salieri, lì in fondo alla sala di lusso del nobile genitore.
Intanto i due innamorati nobili, travestiti da servi e timorosi di dover sposare uno la cameriera e l'altra il servitore, in contro scene mute si inseguono disperati per la mala sorte.
Ché non hanno ancora capito che il loro colpo di fulmine ,in realtà riguarda il vero nobile ed la vera principessa,mentre i due buzzurri vestiti da nobili in realtà sono i servitori ,a copertura di un inganno che poteva rivelarsi fatale.
Ma si immagini la tresca quando si capisce che i due ragazzi si vestono da servitori ed i servitori da nobili;con in più una fortuna sfacciata per il regista perché può capitare una volta nella vita che gli attori che dovranno ricoprire i rispettivi ruoli ,in modo quasi miracoloso, calzino a pennello tanto i due rampolli nobili sono adatti alla parte quanto sono rozzi e non amabili i due servitori , travestiti da padroni con voci anche sguaiate e servili... E mi avrà anche protetto Mozart perchè avevo noleggiato i costumi di AMADEUS ,il film di Forman ,ma io avevo sposato fino in fondo l'azzardo del teatro perché partiva una serie di sarabande,patetiche tenere, comiche,rumorose ,silenziose ,litigiose erotiche con quei baci da lingua in bocca e con palpeggiamenti sterili negli azzardi sbagliati ed inconcludenti.
E l'autore non si risparmiava nulla delle sedici combinazioni possibili ,per la letizia dell'amore che nasceva,tremava e si riprendeva e ,per vincere trionfante nel divertimento e nella complicità affascinata degli spettatori.



                              ACHILLE CAMPANILE


LA SCENA DELL'ACQUA MINERALE



E dunque partiamo da CAMPANILE che non è uno svettamento cittadino ma il famoso scrittore,specializzato in giochi di parole,doppi sensi,calambour e così via.
E tanto l'uomo era capace di dissacrazione e umorismo quassi greve,tanto nel privato era ingenuo e difeso.
Che dopo i 50 anni, con una barba lunghissima che lo faceva assomigliare a TOLSTOI si accompagnava con una eterea fanciulla ,che presentava come nipote. 
A.CAMPANILE
Questa è la scusa di tutti i marpioni in cerca di sfogo ed Achille non si rendeva conto del ridicolo che lo seguiva.
Comunque " L'ACQUA MINERALE ", IL Tasso del tasso barbasso, e "La setta delle sette sette " sono i primi siparietti che mettemmo in scena per culminare nella fine della prima parte ,con una vero capolavoro di effetti speciali sonori. Mi aiutò nel frangente di una scena di "bombardamento aereo ". Riccardo Vello ,importante cantautore e tecnico del suono, che riuscì a registrare con precisione millimetrica effetti sonori richiesti e poi riprodurli in crescendo ed in modo preciso,con grande divertimento del pubblico. 
Convinto poi che Campanile funziona nelle brevi sequenze teatrali e cade noioso in testi troppo lunghi,dedicai la seconda parte dello spettacolo , a "IL POVERO PIERO " piéce , esilarante dove ad una veglia funebre ne succedono di tutti i colori, tra equivoci e lutti mal gestiti,che divertivano,incantavano e creavano un effetto di stupore che si potesse ridere con il morto in casa. Uno scatenato galoppo concludeva in crescendo il tutto con una grandine di barzellette irresistibili. 
Ora che altri rappresentano questo testo, di cui sono stato il depositario, posso rivelare i due segreti che pensavo di portarmi dietro ma che mi pare giusto evidenziare: primo che intervenni con mano felice in molti momenti del testo,per renderlo più snello,meno farraginoso e inceppato.
Non ho mai detto a nessuno di questa mia azione di drammaturgo, anche se il figliolo di Campanile si beccò tutti i diritti SIAE.
Inoltre volli evitare situazioni di tensione all'interno del gruppo che seguivo come regista.
Ché mi dovetti accorgere che l'organizzatore era geloso ,diciamo così,del successo del regista e di tutto il resto del gruppo e si rifiutò di riprendere questo spettacolo fino a quando militai con loro. 
La vita del teatro è fatta anche di queste meschinità e l'importante è stato uscire a testa alta da una performance che,sulla carta si rivelava insidiosa e di difficile gestione.
Ma il merito non fu solo mio,ma di tecnici del suono e luci ed anche di attori affiatati,divertiti e divertenti .


                            CESARE E CLEOPATRA



CLEOPATRA

Ma di tutte le regie teatrali che ricordo volentieri ci sono state due chicche davvero coinvolgenti:una fu quella di "CESARE E CLEOPATRA" di G.B.SHAW ,pièce che mi parve dinamica, accattivante,anche se poco conosciuta. 
L'altra fu la prima rappresentazione assoluta di un testo teatrale di Marivaux "Le due commedie dell'amore e del caso", autore che considero il gemello più intrigante del nostro Goldoni. 
Nel primo caso ebbi un colpo di fortuna (direi quasi di culo) che capitano raramente perché la classe di scenografie costumi della accademia di Firenze stipulò con noi un accordo di collaborazione,sotto la guida del professor GHELLI ed i suoi allievi dedicarono un anno di scuola al nostro SHAW. 
Ne risultò una scenografia davvero bella, con tramonti sul deserto egiziano, barche del porto che scivolavano lungo le rotte del mediterraneo e un sala del trono di forte connotazione visiva.
Era una soddisfazione degli occhi, che si trovavano immersi nel misterioso Egitto voluto dall'autore.
Grazie a Nando Ghelli potei mettere in scena una edizione integrale,mentre di solito si ometteva la scena del porto. 
Qui Cesare ed i suoi accoliti ,da una banchina poterono vedere la biblioteca di Alessandria che bruciava e , desiderosi di intervenire,si tuffavano nel mare egizio con spruzzi e nuotate spettacolari. 
Gli attori del mio ensemble ,dopo un impegnativo laboratorio teatrale avevano capito che, nella mia filosofia di regista, doveva prevalere il lavoro d'insieme e si dovevano evitare tutti i cachini tipici di attori innamorati di se stessi a scapito degli altri,rubando scene o battute importanti e dovevano anche acquisire la mentalità professionale per cui in una commedia una si ritrovava ad essere Cleopatra ,vestita di un audace vestito bianco scintillante nella notte lunare, ma nella successiva rappresentazione poteva divenire (senza discussioni) la balia di Giulietta e così via.
Era una utopia molto difficile da far recepire agli attori ,ma contavo sul fatto che erano ancora giovani e quindi non viziati da situazioni scadenti e conflittuali. La cosa funzionò fino ad un certo punto perché mentre il nostro Cesare non si montò la testa e fu uno splendido interprete del condottiero romano,la ragazza che interpretò Cleopatra ,seducente e sensuale, non accettò di ricoprire ruoli meno vistosi ed il tutto si fermò lì..


ALESSANDRIA D'EGITTO




                                VITA DI GALILEO




E venne il giorno di GALILEO, lo scienziato a scoppio ritardato ,cui la chiesa ha chiesto scusa quattrocento anni dopo averlo indotto in miseria ,relegato agli arresti domiciliari in quel di ARCETRI ,diffidato dall'incontrare chiunque e dallo scrivere anche una riga sui pianeti ballerini. DI Galileo e della sua vicenda tormentata esiste un testo drammatico di Brecht ,che si ispirò alla figura del pisano, proprio in concomitanza con la scoperta della prima bomba atomica. Quindi mi cimento con questo testo teatrale,che ha alle spalle leggendarie messe in scena del Piccolo di Milano ,con Tino Buazzelli, quando la curia milanese intervenne in modo pesante per ostacolare queste rappresentazioni. Ma io non volevo rappresentare tutto il testo,che era noioso,lungo e da sforbiciare .Per cui mi limitai ad inserire Brecht in una dimensione carnascialesca, da festa romana ,con il recupero de L'ELOGIO DELLA FOLLIA di Erasmo
.Ero convinto che tutto avrebbe funzionato al meglio e mal me ne incolse ché dopo anni di successi lusinghieri e meritati mi ritrovai in pieno stress e con un forte esaurimento nervoso. Le scene di raccordo ,che dovetti improvvisare, furono e sono sono tra le più carenti stampate dal mio computer. Paolo Santangelo fu uno splendido Galileo, ma quella fu la nostra ultima collaborazione ,che si era stufato di fare da badante ai giovani del gruppo AMADE',e viaggiò per altri lidi. Nel frattempo persi anche la collaborazione preziosa di Giovanni , che mi aveva seguito in quegli anni,come factotum ed appassionato cultore del teatro.last but not last il Sindaco di Firenze Morales, mi comunicò ad una settimana dal debutto che il finanziamento previsto per la nostra associazione era stato dirottato nelle fauci di un gruppo sponsorizzato da CRAXI e mi ritrovai anche con il culo per terra finanziario.
Sciolsi la mia associazione e chiesi un prestito bancario che restituii in sette anni ,a rate mensili onerose. Mia moglie mi rinfacciò che se mi fossi fatta un ' amante avrei speso di meno e mi sarei divertito di più.Come darle torto?
Per cui capii che era necessario attivare un anno sabbatico ,dopo tanti esami che non finiscono mai(come diceva Edoardo) e darmi una calmata definitiva per affrontare ,anche io,altri lidi meno perigliosi.




                           LA BROCCA SCIOCCA


STEFANO SATTA FLORES

STEFANO SATTA FLORES


L'incazzoso prof.del film C'ERAVAMO TANTO AMATI di Scola ,è uno dei cammei più intensi dell'attore pugliese STEFANO SATTA FLORES ,che si cimentava anche in stesure di brillanti testi teatrali. Stefano se ne andò ancora giovane ,in punta di piedi.Poco prima di morire volle dedicare a me ed al gruppo teatrale AMADE', che io guidavo, l'ultima sua commedia "LA BROCCA SCIOCCA "vera e propria farsa giocata su ritmi sfrenati, su gag irresistibili,su doppi sensi ed esplosioni di ilarità.Testo adatto ai ragazzi del mio laboratorio , di età media intorno ai vent'anni ,che non richiedeva un attore emergente ma tutti erano al servizio del lavoro di gruppo. Quando mi arrivò il copione, purtroppo era privo di parecchie scene e rilegate alla ben e meglio con parecchie pagine vuote. Non mi scoraggiai chè mi applicai in un lavoro da certosino, riempiendo là dove le scene mancavano e s dando un ordine alle stesse ,più congruo. Chi mi conosceva, come serioso ed impegnato studioso di tante materie, si stupiva che io volessi debuttare a Firenze ,con ragazzi che per la prima volta calcavano le tavole del palco. Per loro era strano che mi affidassi proprio ad una farsa , scordando che in teatro è più difficile far ridere che piangere .IL debutto fu davvero felice ed i ragazzi non mi delusero ,nel loro impegno faticoso anche dal punto di vista di ginnastica e movimenti ariosi ma anche pericolosi.Qualcuno di loro si slogò qualche caviglia o si contuse in più parti del corpo, là dove avevo immaginato salti in platea rocamboleschi e movimenti di corde come liane della giungla, partendo da dietro le quinte per piombarsi in mezzo alla scena .Nessuno si scoraggiò o si lamentò più del necessario ,ma fu per me una lezione salutare perchè nel successivo spettacolo chiamai delle studentesse dell 'ISEF " ISTITUTO SUPERIORE DI EDUCAZIONE FISICA" , che si divertirono come pazze a volteggiare,lasciando a bocca aperta il pubblico.E' evidente che ho inventato IL TEATRO DEL SOLE ,prima del tempo..Ma in quel frangente fui costretto a chiamare un preparatore atletico e massaggiatore che curasse i miei attori nella fatica del debutto Stefano ,invitato non potè partecipare per ovvi motivi al nostro debutto ma sono sicuro che ,dai balconi del cielo,ci guidò con mano sicura e con un sorriso complice sotto i baffi ,per la sua e la nostra felicità.

GIOVANNI BAZZINI nella parte del DIO PAN



IL DIO PAN


Ma a volte, pur essendo il regista di uno spettacolo e quindi il centro che faccia decollare il tutto, ché non ci sarebbero attori validi,costumi eleganti ,luci ammalianti e suoni che incantino senza che l' occhio e la mano del regista mettano in un unicum razionale empatico e coordinato, ciò che va mostrato agli spettatopi. 
Ma può anche succedere - e sono le occasioni più gratificanti che un regista possa incontrare - che un attore arrivi con una scena già montata da solo e faccia alcune proposte al coordinatore che dovrà filtrarle ed inserirle ,senza stridori, nella messinscena. Così ne la farsa di cui ho parlato "LA BROCCA SCIOCCA "c'era una parte per il DIO PAN ,collocato su altare ,a mezzo busto ed ogni tanto il dio interveniva con commenti salaci, osservazioni divertenti,addirittura con controscene ,mentre gli attori in primo piano non si accorgevano di nulla ed il pubblico seguiva il due nelle sue buffe improvvisazioni da mimo esperto. Quasi alla fine del primo atto il Dio si calava sull'altare e d ammoniva gli spettatori sui destini del genere umano .Era un monologo di circa dieci minuti che poteva risultare monotono e addirittura fastidioso.Ma l'attore ,che ricopriva la parte del dio pan ,uno straordinario GIOVANNI BAZZINI, improvvisò durante le prove una serie di imitazioni dialettali che partivano dal soliloquio dimesso di Troisi napoletano , su su fino al becero livornese ( "la maiala di tu ma'") al veneto goldoniano per finire con la maschera di Musco attore siciliano. i salti di voce da un dialetto all'altro erano così armoniosi, legati a passi cadenzati del dio , che lo spettatore non aveva ancora finito di estasiarsi ritrovandosi con un Troisi in sedicesimo, che subito veniva sbalzato nella laguna veneta nella trinacria solare e così via. Accettai il suggerimento di Giovanni per alleggerire il lungo monologo e confesso,che il successo fu tanto trionfale che l'attore dovette replicare, almeno tre volte il testo teatrale Per correttezza ed onestà ,durante gli applausi finali, richiamai il dio pan sul palcoscenico a ringraziare ,ché lui stesso era stupito di aver conseguito tanto successo.Confessai al pubblico che la interpretazione apprezzata ,era tutta farina del suo sacco ed io non avevo nessun merito in proposito. Caro Giovanni che oggi non ci sei più ,sono sicuro che sarai riuscito a far ridere anche gli spettatori del cielo, perchè ogni risata che nasca dalla capacità dell'attore,intrisa di amore per il prossimo,appartiene al Dio Padre ,da te tanto venerato ed alla Sua grande sollecitudine verso noi ,poveri guitti.




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